In un suo famoso saggio Mario Luzi scriveva che per i moderni
il poema è fatto più di lacune che di testo. Tuttavia nel Novecento e
oltre si è continuato a immaginare una possibile forma di poema, con una
acuminata riflessione sul rapporto tra frammento e unità. Daniele
Piccini, giunto alla piena maturità della sua poesia, ci consegna in Per la cruna
una prova che si potrebbe definire magnanima: il poema esiste, aleggia,
si nutre di slanci, eppure non è mai una struttura sovrapposta al
singolo pezzo poetico, che continua a esprimere la propria necessità. A
essere in questione, in questo poema per brani, è la memoria e con essa
la purificazione del passato. A condizione di compiere questo lavoro, è
possibile intraprendere, con il poeta, un ulteriore avanzamento nella
conoscenza, per scoprire che le figure amate, le vicende, i volti, non
sono perduti, ma sono in attesa di noi, in un luogo sottratto alle
intemperie della storia. Poema per immagini e figure, trepidante di
interrogazione, Per la cruna dialoga umanamente con il lettore, creatura fraterna.
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