Vite parallele, quelle di Giorgio Morandi ed Eugenio Montale? Sì, almeno in parte, la parte che attiene a sensibilità, linguaggio e poetica in quell'incandescente crogiolo di passato e futuro che è la prima metà del Ventesimo Secolo. È Francesco Arcangeli, storico dell'arte tra i più vicini al pittore, a scrivere: «In Italia soltanto Montale è, quasi contemporaneamente, fratello a quel Morandi che non conosce». Ma, poco più tardi, Morandi e Montale si incontrano grazie ad amici comuni quali Filippo de Pisis, Cesare Brandi, Luigi Magnani, Giuseppe Raimondi. E il poeta acquista direttamente dall'artista due dipinti - un piccolo mazzo di fiori in vaso del 1942 e una natura morta del 1946 - che lo accompagnano nel suo trasferimento da Firenze a Milano nel 1948 e poi sempre illuminano il suo salotto accanto alle tele di de Pisis e alle sue stesse carte dipinte, matite, acquerelli e pastelli di acuminata leggerezza.Inseguendo questi indizi, Marilena Pasquali - studiosa dell'opera di Morandi, da sempre affascinata dalle analogie di sensibilità e pensiero che si possono cogliere nell'opera di entrambi - ricostruisce la relazione tra il pittore e il poeta. E la sua arte e la poesia.
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