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lunedì 11 aprile 2022

BIENNALE 2022 | biennale

BIENNALE 2022 | biennale

Poesie e prose siciliane di Maria Costa (Pungitopo)

Riflettendo sulla cifra complessiva di questa straordinaria cantrice della lingua siciliana, vien fatto di pensare al teatro epico di Bertolt Brecht, ossia di una messa in scena che persegue la produzione di conoscenza presso i suoi fruitori attraverso la narrazione critica di fatti e situazioni, con caratteristiche tali da suscitare una trasformazione della realtà. Per Maria Costa tale obiettivo veniva perseguito nel senso del tentativo di ricucire attraverso la poesia universi esistenziali altrimenti irrelati e disgiunti, promuovendo un sentimento del tempo, una volontà consapevole di memoria e l'impegnativo esercizio di tornare a ri-sillabare identità possibili. Sotto tale prospettiva, il mondo poetico di Maria Costa, l'universo perduto di cui aveva ritagliato per sé il ruolo di custode, al di là dell'effetto di straniamento che suscitava negli ascoltatori il dipanarsi di moduli recitativi assai lontani dal "qui e ora" che caratterizza la nostra - ahimè povera - modernità, continua a ricordarci che quel mondo ancora ci interpella, che il grumo poetico che ne veicolava la fruizione è frutto di nodi irrisolti nella storia delle classi subalterne italiane lungo l'intero arco del XX secolo. Che, insomma, di fronte a tale poesia dovremmo tutti prendere coscienza che "de re nostra agitur". 

 


 

La salle de bain, "uno studio del Riuso". Intervento di Simone Giorgino

Fra pochi giorni da Il Laboratorio di Parabita di Aldo D'Antico l'edizione de La salle de bain, inedito di Antonio L. Verri. Vi anticipiamo la Postfazione di Simone Giorgino.



Un viaggiatore una volta chiese alla domestica di Wordsworth di mostrargli lo studio del suo padrone, e lei rispose: «questa è la biblioteca, ma il suo studio è la fuori, oltre la porta».
Antonio Verri, La salle de bain



Il bizzarro libro che abbiamo fra le mani, La salle de bain di Antonio Verri, esiste per davvero o non esiste? La riflessione attorno allo status della Salle può sortire effetti decisivi per un più corretto inquadramento storico-critico dello scrittore, aiutandoci a comprendere le direttrici della sua ricerca stilista che, malgrado l’apparentemente anarchico e a tratti furioso sperimentalismo, riconducibile, di primo acchito, al côté della scrittura automatica, risulta, invece, sempre molto sorvegliata, come attestano, peraltro, non solo alcune fondamentali riflessioni estetiche disseminate dall’autore nel corso della sua lunga attività di critico militante, ma persino alcuni marginalia e le pagine dell’importantissimo Diario che Maurizio Nocera sta per pubblicare. In una di queste si legge, appunto: «La salle de bain non esiste. Avevo pure cercato di salvarla in qualche modo […]. A parte i capitoli che ancora sottoscrivo, e che userò, ci sono molte banalità teoriche spacciate per narrativa. E quando due mesi fa mi hanno telefonato che la stavano prendendo in considerazione […] ho risposto di no […]. Il movimento interno, quel “movimento”, più una leggerezza oscena, saranno i soli […] punti fermi di questo libro che vorrei scrivere». In questo senso, dunque, La salle de bain non esiste, ovvero il suo autore non la riconosce come oggetto letterario finito, negandogli l’imprimatur e bloccandone, di fatto, la circolazione in vista di una pubblicazione più ‘matura’, un nuovo testo riscritto e ampliato, che noi oggi leggiamo col titolo di Bucherer l’orologiaio, il romanzo postumo pubblicato dalla Banca Popolare Pugliese nel 1995 su iniziativa di Aldo Bello e Antonio Errico. Quest’ultimo scrive, nel 2002, un interessante articolo, intitolato Tutta la vita per un declaro, che ripercorre la genesi redazionale della Salle e la successiva decisione di effettuarne una drastica revisione: 

               A Roca, una sera, una quasi notte della fine di agosto del novantuno, Verri mi diede un dattiloscritto di trentasette cartelle intitolato La salle de bain, perché gli dicessi che cosa ne pensavo. Lessi il lavoro. Lo rilessi. Ci rivedemmo un po’ di giorni dopo in un’osteria. Con quell’affetto presuntuoso che mi faceva sentire mia la sua scrittura, così come la sua grande umiltà gli faceva sentire sua la mia, dissi che quel racconto lungo non reggeva. Mancava di un’architettura narrativa; era metatestuale, metanarrativo. In quelle pagine parlava del suo senso della letteratura senza quelle situazioni di mediazione, di ponte verso il lettore, che invece c’erano ne I trofei della città di Guisnes e nel Naviglio innocente, che pure erano scrittura sulla scrittura. La salle de bain non fu mai dato alla stampa in quella versione. Verri ci lavorò sopra, intorno, dentro. Per un anno e mezzo. Nel maggio del novantatré mi consegnò un dattiloscritto di settantasette pagine con il titolo di Bucherer l’orologiaio  nel quale aveva fatto confluire La salle de bain. Mi chiamò tre sere dopo per chiedermi se avessi finito di leggerlo. Gli risposi che mi mancava qualche pagina, ma che stavolta comunque funzionava. Questa volta sì che funzionava. La notte alle quattro mi telefonò sua moglie per dirmi che era andato via.

Tra l’una e l’altra redazione dell’opera estrema di Verri – sempre ammesso che La salle de bain possa essere derubricata a materiale preparatorio del Bucherer e non considerata come lavoro a sé stante –, esistono, però, sostanziali differenze che sono state recentemente messe in luce da una ricerca di Francesca Greco, fresca testimonianza di una nuova primavera di studi critici sullo scrittore salentino e di un mai sopito interesse nei suoi confronti. Verri riscrive praticamente quasi tutti i capitoli della Salle, ad eccezione del solo capitolo 6 e dei Cifrari, con l’evidente intento di espungere gli elementi più marcatamente metanarrativi, in ragione del fatto che la metafora dello scrittore al lavoro, cioè il gioco di riflessi e diffrazioni che vede specchiarsi la scrittura nella scrittura, il libro nel libro ecc…, onnipresente nel romanzo di partenza – sono queste, forse, le «banalità teoriche» cui Verri si riferiva nel suo Diario? –, è sostituita, in Bucherer, dalla più raffinata metafora dell’artigiano-inventore intento a costruire un suo strabiliante congegno. I brani confluiti nell’opera postuma, come detto, sono stati oggetto di severe revisioni, tagli e manomissioni e solo saltuariamente si è scelto di conservare immutato il testo di partenza. Le parti scritte in lingue straniere sono state drasticamente ridotte, e così anche il numero degli improbabili personaggi-situazioni che affollavano il cicalante melting pot della Salle, creando, come ha giustamente osservato Cosimo Colazzo, più che una trama, un insieme frammentario di «stringhe», di «sequenze ripetitive, senza profondità»: «Verri utilizza il concetto di stringa per trovare una dimensione narrativa, come produzione di sequenze adinamiche». Questo ‘concentrato’ testuale è stato poi collocato all’altezza dei capitoli V, VI, X, XII, XIII e XVII del Bucherer, conferendo al nuovo romanzo quelle caratteristiche e quei «punti fermi» che Verri voleva salvaguardare dal testo di partenza, e cioè un «‘movimento’» narrativo fluido e una «leggerezza oscena», rappresentata dalle appartate elucubrazioni partorite (evacuate?) negli ambienti ovattati di una sotterranea ‘sala da bagno’, «un mondo sotterraneo, immenso, incredibile, inaspettato. Nel cuore meccanico della città» (p. 7), a mille miglia dal mondo ma «ad un palmo dal selciato» (p. 47).
La salle de bain, dunque, non esiste. Eppure, a dispetto delle intenzioni di Verri, il testo, consegnato ad alcuni amici per conoscerne le impressioni e per saggiarne la ‘tenuta’, ha cominciato, suo malgrado, a circolare e ad avere pian piano una vita autonoma, accompagnato da un’aurea di mistero e da una devozione alimentata anche dalle tragiche circostanze della scomparsa del suo autore. Fabio Tolledi, uno di quei fortunati «pre-lettori» (uso il lessico verriano), ne ha ricavato un fortunato recital portato in scena al teatro Paisiello di Lecce fra il febbraio e il maggio 2011, mettendo anche online, sul sito di Astragali, una parte consistente del suo lavoro; Cosimo Colazzo ne ha parlato in maniera attenta e diffusa nel suo intervento dal titolo “La salle de bain” e l’estremo orizzonte del “Declaro” nel recente numero speciale della rivista «Marsia» dedicato a Verri (a. III, n. 1, dicembre 2013, pp. 3-14); al Fondo Verri di Lecce si sono tenute diverse letture pubbliche della Salle a cura di Mauro Marino e Piero Rapanà; e infine, ora, Aldo D’Antico ha deciso di pubblicare la versione da lui posseduta, peraltro con la stessa veste tipografica già utilizzata dal suo Laboratorio per I trofei della città di Guisnes, dando così l’opportunità ai lettori di conoscere il contenuto di questo oggetto misterioso.
L’opera è stata scritta di getto nell’agosto del 1991 a Roca, una delle località più suggestive del litorale adriatico salentino, ma il paesaggio che fa da sfondo alle vicende narrate non è quello che lo scrittore de La cultura dei Tao ci aveva più volte rappresentato nei libri precedenti: in quest’ultima fase della sua purtroppo breve attività, Verri sceglie di ambientare le sue storie in Svizzera: più precisamente, La salle de bain è ambientata a Yverdon-Les-Bains, centro termale noto per le sue acque sulfuree, da lui personalmente visitato nel 1986, nel 1988 e nel 1990 in occasione di alcuni incontri di poesia aperti a scrittori di varia nazionalità; e Bucherer l’orologiaio è ambientato a Zurigo, città che Verri aveva conosciuto da giovane immigrato in cerca di fortuna.
È, questa, una fase del suo percorso creativo che Verri avverte – si potrebbe dire, forse, profeticamente – non come transitoria, ma come finale, conclusiva: «Una volta raccontavo dell’inizio del mondo, del profumo artificiale, non spontaneo. Oggi il dissesto, la fine» (p. 18); la sua ricerca si è fatalmente impantanata in «qualcosa di sconosciuto, di difficile, di incerto, di sicuramente finale» (p. 47). La salle de bain rappresenta, a mio avviso, lo specchio di un periodo d’indolenza non dico creativa, ma un qualcosa che ha a più che fare con l’otium dei latini, o piuttosto con l’amara consapevolezza dell’aleatorietà dell’intero progetto di una vita, un momentaneo risveglio dal ricorrente, ossessivo sogno del Declaro, cioè il desiderio ambizioso di racchiudere il mondo dentro un libro, nel sempre vano tentativo di rappresentare ciò che non è permesso rappresentare – «come annotare l’inesprimibile, come fermare la vertigine, l’allucinazione della parola?», si chiede Verri in un importante passo della Salle (p. 55) –, cioè la multiforme e pulsante varietà del mondo nell’esiguo spazio di un’opera letteraria.
C’è una sorta di piacere che l’autore sembra provare in una temporanea (ma non si sa quanto lunga) sosta del suo cammino, nel torpore umbratile di un’oasi fatta di parole e di storie semigrezze che Verri indugia ad assaporare a fior di labbra, o per la loro valenza fonica o per il gusto del racconto fine a se stesso: «Ma so anche che fra me e il Declaro, tra Sally e il Declaro, c’è molta indolenza, forse piacere dell’ombra, paura di non so che, voglia di finirla» (p. 47); c’è come il timore di raggiungere la sempre agognata «forma perfetta», la cui fissità fa ribrezzo perché ricorda da vicino il freddo cadaverico del rigor mortis; e c’è il desiderio di scongiurare quella rigidità attraverso una litaniante logorrea, modulata come un’ininterrotta formula magica attraverso cui far lievitare le cose e le parole, perché, come affermava Gilles Deleuze in un libro scritto insieme a un altro grande ‘minore’ salentino, Carmelo Bene, «ciò che conta è il divenire»:
  
"L’interessante è in mezzo, ciò che succede nel mezzo (au milieu). Non è un caso che la velocità massima sia in mezzo. […] il passato e anche l’avvenire, è storia. Ciò che conta, invece, è il divenire: divenire rivoluzionario. […] il divenire, il movimento, la velocità, il turbine, si trovano in mezzo. Il mezzo non è una media, è invece un eccesso. Le cose crescono nel mezzo. Era questa l’idea di Virginia Woolf. E il mezzo non vuol dire affatto essere nel proprio tempo, essere del proprio tempo, essere storico; al contrario. È ciò per cui i tempi più diversi comunicano. Non è né lo storico, né l’eterno, ma l’intempestivo. È proprio questo, un autore minore: senza avvenire e senza passato, ha solo un divenire, un mezzo, attraverso cui comunica con altri tempi, altri spazi". (Sovrapposizioni, Quodlibet, 2006, p. 90)

Verri si augura di non «cadere in una forma definitiva» (p. 30), e perciò continua a raccontare, quasi senza riprendere fiato, le sue private, piccolissime cosmogonie: «Lo Yn e lo Yo non si erano ancora divisi, formavano un ammasso caotico, simile ad un uovo, dai contorni vaghi, ma con dentro germi. Poi, la parte più pura e chiara si assottigliò, si estese e diventò il cielo; la parte più pesante e torbida si depose, e diventò la terra […] tra l’uno e l’altra sorsero esseri divini» (p. 39). Tutto, compreso il narratore, appare in balia di una metamorfosi continua e inarrestabile: «Trasformato di nuovo fui un salmone azzurro, fui un cane, fui un cervo, un capriolo sulle montagne, fui un bastone e una vanga; per un anno e mezzo fui un trivello in una fucina. Fui anche un gallo bianco picchiettato, voglioso di galline. Fui finalmente un sasso, un cristallo. Poi fui trasformato di nuovo!» (p. 41)… e così via, nel turbine di un continuo divenire, che non può (che non deve) interrompersi. Il senso del viaggio, ci dice Verri, non va ricercato nella meta che si sa irraggiungibile, ma nel percorso, nel viaggio stesso: «Non sarà mai come quello che avevo pensato. L’oggetto balena, il libro in cartisella, erano per accordarmi a questa bellezza così incerta, così imbarazzante» (p. 86). Né potrebbe essere altrimenti, dal momento che le cose e le parole non coincidono (ritorna qui un tema centrale in Verri, già affrontato dall’autore, per esempio, in un passo importante de La Betissa, Kurumuny, 2005, pp. 97-98), e l’idea di rappresentare il mondo attraverso le parole è un esercizio oltre che pericoloso, futile, un inane lambiccamento che non potrà portare mai a nessun risultato concreto: «Una volta avevo con le parole, con le quali avrei dovuto sostentare anche quest’ultimo mio libro, un rapporto così affascinante, una sorta di dipendenza attiva, un corteggiamento continuo» (p. 44).
È così che la Salle, come nota Colazzo, cerca una «forma proprio nello spazio dell’informe», nel disordine caotico di una sempre più sfilacciata città postmoderna: «Tracciati di mappe. Viari. Un pesce che danza mentre un signore distinto prova l’ecstasy» (p. 78), una città in cui si mescolano, senza soluzione di continuità, reperti e velleità letterarie assieme ai detriti della più triviale ‘società dello spettacolo’, e in cui si sente, sempre più assordante, «Il brusio dei media che nascono ogni giorno» (p. 18). A un certo punto del racconto, Verri scrive: «Mai è stata così impietosa la dissoluzione della tradizione» (p. 69). Ed è appunto in questa frenetica sperimentazione/dissoluzione, fatta d’impasti plurilinguistici («firmamento di lingue», p. 59), di abbozzi di racconto («Sto costruendo per flash, per fotogrammi, con frequenti spezzature di scena», p. 27), di personaggi che si sovrappongono al narratore («Ero praticamente in ogni storia ed ero la storia», p. 27),  dal riciclo di materiali già utilizzati nei libri precedenti – personaggi come Stefan, luoghi come Guisnes, intere frasi o brani ripresi da Il naviglio innocente o da La Betissa, che fanno della Salle una sorta di «studio del Riuso» (p. 22) –, dal gusto per le caotiche enumerazioni assemblate per colmare di suoni e di parole quel «Grande Nulla che ci hanno insegnato a temere» (p. 85), è da tutto questo verboso conglomerato che prende forma una letteratura dell’azzardo, portata avanti da chi preferisce continuare a scommettere sul rischio della variazione continua piuttosto che puntare sul facile consenso assicurato da modelli più convenzionali di scrittura: «Si punta sui packaging accattivanti per conquistare l’acquirente, e sulla qualità per non dispiacere al consumatore; poi c’è la letteratura gonzaghesca o quella di bube […] quello che è certo è che non si può fare a meno dei sognatori» (p. 36). E l’azzardo è, per Verri, un modo per essere fedeli a se stessi, per continuare a essere dei sognatori,  affidandosi al ‘gioco’ che più di ogni altro lo avvince, cioè il «piacere di scegliere, mescolare, accumulare» (p. 87): «Un azzardo. Un gioco, quasi. È un gioco sotterraneo, segreto, incruento, a cui l’autore non è certo estraneo: essere così vicino all’ombra, eppure essere così avvinto da qualsiasi mappa di superficie» (p. 80). Il libro-mondo è un progetto irrealizzabile, e questo Verri lo sa bene. Ma nel piacere dell’affabulazione, nel culto della parola e nella liturgia della scrittura, c’è dato ravvisare il senso stesso della sua ostinata e inconcludente ricerca: «Imperfetto com’ero, ero forse io la Bellezza» (p. 88). (DA VERRIANA

Antonio Verri in una posterizzazione di una fotografia di F. Bevilacqua


Poesia ai Truogoli, dal 14 al 18 aprile a Librìdo e dintorni letture e performance con Claudia Fabris - Genova 24

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La poesia contro la guerra di Gianni Rodari: Ci sono cose da non fare mai, come la guerra

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Gabriella Sica, la poesia come una boccata d'aria pura - Affaritaliani.it

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POESIA Menzione di merito per la poetessa riacese Maria Capece

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Poesia, premio letterario La Ginestra alla docente Uniurb Alessandra Calanchi | il Ducato

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“I figli”: la poesia di Kahlil Gibran sulla forza della vita

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POESIE E RIFLESSIONI CONTRO LA GUERRA con "Letti in piazza"- Spongano 13 aprile

“Essere consapevoli del ruolo delle parole equivale ad essere liberi”: è questo il filo conduttore di “Parole”, l’evento letterario che esplora l’importanza del linguaggio e della comunicazione come strumento di costruzione dell’identità e del pensiero, anche contro la guerra.

In questa settimana di Pasqua, mercoledì 13 aprile, alle ore 19.30, a Spongano, in provincia di Lecce, si aprono le porte del Centro di aggregazione giovanile per ospitare il nono e penultimo appuntamento di “Letti in Piazza“. È questa una delle azioni del progetto “Leggere tra due mari” che, coordinato da Libera Compagnia Teatrale Aradeo e Amici della Biblioteca di Tuglie, sta promuovendo il ruolo sociale delle biblioteche pubbliche salentine, con il sostegno di Fondazione CON IL SUD e Centro per il libro e la lettura e il patrocinio di Aib-Associazione italiana biblioteche e Polo Biblio-museale di Lecce.

L’evento del 13 aprile prende spunto dal libro di Claudia Fabris “Parole sotto sale. Piccolo vocabolario poetico”,  edito da AnimaMundi. Ad ogni lettera dell’alfabeto l’autrice associa una parola che diviene poi il titolo di una poesia. Dalla genesi di questo processo si dipana, poi, il resto delle riflessioni e delle letture pubbliche ad alta voce, proposte, come negli obiettivi di “Letti in Piazza”, con finalità di promozione interculturale, anche attraverso iniziative di prestito locale e suggerimenti di lettura, attraverso modalità nuove, che superino la disaffezione al libro soprattutto tra i più giovani.

Come spiega Martina Stefanelli, che ha curato l’evento per conto dell’Unione dei Comuni Andrano Spongano Diso, partner di Leggere tra due mari, “nella prima parte dell’evento si presenterà il libro di Claudia Fabris, mettendo in evidenza il punto di vista della poetessa e andando a scandagliare le ragioni per le quali ha deciso di scrivere un libro che appare come un ricettacolo di suoni e parole. Successivamente, saranno lette poesie dal libro (Solitudine, Infinito, Io, Vino, L’asso di spade, Mio, Bellezza) registrate in alcuni luoghi affini a quanto scritto nelle descrizioni dell’autrice e si discuterà circa il ruolo della parola, intesa non solo come suono o mezzo di comunicazione, ma come segno e simbolo che produce effetti concreti nella realtà”.

Altre poesie, dal titolo Violare, Persona, Distruzione, Ribellarsi, Resistenza, saranno, invece, il pretesto per un dialogo con il pubblico sulla guerra tra Russia e Ucraina e di come le parole sono state usate per far scoppiare e giustificare questo conflitto.  Sarà anche proiettata l’intervista ad un giovane studente che è stato al confine con l’Ucraina per fare il traduttore e che, tramite un’associazione, ha agevolato l’accoglienza dei profughi in Italia.

L’intento di questo evento – spiega ancora Stefanelli – è far comprendere che il linguaggio non è uno strumento neutro che utilizziamo per esprimerci e per comunicare con gli altri. Le parole hanno un loro peso e potere e per questo sono in grado di incidere profondamente nella realtà che ci circonda. Le parole contano, le parole creano, le parole difendono, le parole hanno veramente il potere di cambiare le sorti degli esseri viventi e lo sa bene chi le conosce, le teme, le scova” (Info e prenotazioni: 388/4916826).

 

 

Aradeo, 11 aprile 2021

Info: 348/5649772, Fb/inst Leggere tra due mari, comunicazione.leggeretraduemari@gmail.com

 Virginia Lazzari nella foto

 


 

domenica 10 aprile 2022

iQdB Casa editrice i Quaderni del Bardo di Stefano Donno Editore - Books, ebooks

iQdB Casa editrice i Quaderni del Bardo di Stefano Donno Editore - Books, ebooks

In memoriam e altre poesie. Testo inglese a fronte di Alfred Tennyson (Mondadori)

In Memoriam A.H.H. è un grande poema elegiaco ispirato a Tennyson dalla morte dell'amico fraterno Arthur Henry Hallam, deceduto poco più che ventenne: una tragedia familiare che diviene emblema di un dramma esistenziale ben più vasto. Vero bestseller dell'epoca vittoriana, questo testo - e i numerosi che lo accompagnano in questa ricca antologia - è una summa dei temi ottocenteschi: l'immortalità, la disperazione di fronte al dolore, la presenza di Dio in un mondo dominato dalla natura selvaggia. Tennyson incarna la complessità e l'ambivalenza della cultura vittoriana, sospesa tra illusioni romantiche e smarrimenti moderni, tradizione e rinnovamento, fede e scienza, idealismo e consumismo, arte e mercato. 


 

domenica 3 aprile 2022

Fondo Verri - Home | Facebook

Fondo Verri - Home | Facebook

Poesia. Rivista internazionale di cultura poetica. Nuova serie. Vol. 12: Costantino Kavafis. Poesie e prose (Crocetti)

Il numero 12 di "Poesia" si apre con un servizio dell'anglista Massimo Bacigalupo, dedicato ai versi del Premio Nobel per la Letteratura Louise Glück. Il lusitanista Federico Bertolazzi presenta ai lettori una scelta dei bellissimi sonetti di Camoes, che il sommo poeta Eugénio de Andrade ha definito il libro più affascinante della poesia portoghese. Andrea Bajani conduce i lettori alla scoperta della poesia di Adelelmo Ruggieri. La rubrica di Silvio Ramat sulla giovinezza della poesia in Italia è dedicata a Carlo Vallini. Al lavoro poetico di Hilda Hist è invece dedicato un servizio di Valentina Cantori. Nella sua rubrica "I poeti di trent'anni", Milo De Angelis presenta alcuni inediti della poetessa Gaia Giovagnoli. Alle poesie di Alessandro Ricci, importante autore del secondo Novecento, e ingiustamente dimenticato, è dedicato un servizio a cura di Marco Vitale. 


 

sabato 2 aprile 2022

Donato Di Poce | il Poeta vede l'invisibile, il Fotografo fornisce le prove

Donato Di Poce | il Poeta vede l'invisibile, il Fotografo fornisce le prove

Dall’America Latina alla Spagna. La poesia di Emilio Coco

Università Popolare con la Casa della Poesia di Como

Giovedì 7 aprile, ore 15.30, presso la Pinacoteca Civica, via Diaz 84

In collaborazione con gli Assessorati: Cultura, Partecipazione, Politiche sociali del Comune di Como

Dall’America Latina alla Spagna. La poesia di Emilio Coco

Incontro con la poesia contemporanea attraverso le voci di molti poeti italiani e stranieri che hanno partecipato al festival Internazionale di poesia di "Europa in versi", manifestazione ideata e curata dalla Casa della Poesia di Como attiva da più di 10 anni.

"La poesia è linguaggio universale, incontro, abbraccio che unisce tutti gli uomini annullando le distanze, abbattendo ogni barriera culturale"(Laura Garavaglia)

A cura di Laura Garavaglia

Emilio Coco (S. Marco in Lamis, 1940) è ispanista e traduttore. È autore di diverse antologie di poesia spagnola e di tre volumi di teatro spagnolo. Ha pubblicato anche antologie di poesia italiana tradotta in spagnolo in Messico, Spagna e Colombia.

Per l’accesso alla sala sarà richiesto il Green Pass 

 

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giovedì 31 marzo 2022

Comune di Caprarica di Lecce

Comune di Caprarica di Lecce

Oltre i confini a Como

In collaborazione con Università Popolare di Como, Giovedì 31 alle ore 15.30, in Pinacoteca, Via Diaz 84, si terrà l'evento:
Oltre i confini... Incontro con la poesia contemporanea attraverso le voci di molti poeti italiani e stranieri che hanno partecipato al festival Internazionale di poesia di "Europa in versi", manifestazione ideata e curata dalla Casa della Poesia di Como attiva da più di 10 anni.
"La poesia è linguaggio universale, incontro, abbraccio che unisce tutti gli uomini annullando le distanze, abbattendo ogni barriera culturale"(Laura Garavaglia)
A cura di Laura Garavaglia
Leggeranno, tra gli altri, le loro poesie Julia Pikalova e Jalisco Pineda Arte Vázquez

 


 

mercoledì 30 marzo 2022

COMPAGNIA TEATRALE SCENA MUTA DI IVAN RAGANATO

 Compagnia Teatrale Scena Muta di Ivan Raganato

A colui che volò su un albero d'argento in una notte di maggio...! (La grafica e la dedica sono di Antonio Chiarello)

Venerdì 9 maggio, dalle 19.00, appuntamento al Fondo Verri, in via Santa Maria del Paradiso 8, a Lecce, per ricordare Antonio Verri nel giorno del suo volo! Un incontro per fare il punto sull'Anno Verriano e sulle prossime iniziative.

Di nuovo c'è molto:

Sul fronte editoriale:

L'uscita della "Salle de bain" da Il Laboratorio di Aldo D'Antico
Le prossime uscite da Kurumuny dei tre libri già pubblicati (La Betissa, Il Pane e il Fabbricante) più le "Lettere da Yverdon" a cura di Maurizio Nocera.
La prossima uscita di una nuova edizione di "Bucherer l'orologiaio" illustrata da 10 illustratori italiani...

Per quanto riguarda il Fondo Contemporanea a Cursi
è annunciata per la prossima settimana la firma di un protocollo tra l'Università del Salento e il Comune di Cursi per una nuova agibilità dello spazio e l'assegnazione di due tesi per la documentazione e il riordino del Fondo donato da Antonio Verri a quel Comune.

Rimane, rispetto ad intenti precedentemente espressi...
- da contattare l'Amministrazione Comunale di Caprarica per combinare l'iniziativa "Caprarica del Poeta", ma anche in quel senso presto avremo novità.
- da avviare il percorso di formalizzazione per un convegno di studi dedicato ad Antonio, alla sua scrittura e alla sua opera...

Contando sulla presenza di chi sente viva e vicina l'opera di Antonio...

 

da Verriana  


 

martedì 29 marzo 2022

Link Caffè Letterario di via Paladini a Lecce

Link Caffè

LA BIENNALE DI POESIA DI ALESSANDRIA

La Biennale di poesia di Alessandria si evolve e aderisce a un nuovo progetto di respiro molto ampio e coraggioso che al momento, come fondatori, coinvolge il Piccolo Museo della Poesia di Piacenza e la Casa della Poesia di Como, con la collaborazione, come partner tecnici, di puntoacapo Editrice e dei Quaderni del Bardo. Il nuovo logo e un Comunicato stampa con gli intenti della nuova realtà vogliono da subito dare concretezza al progetto.

La "nuova" Biennale erediterà buone parte degli appuntamenti ormai consolidati della "vecchia" e gloriosa Biennale di poesia di Alessandria, a cui si aggiungeranno altri eventi in varie località per creare un calendario che abbraccerà tutto il 2022. Questo sarà ovviamente una sorta di "anno di prova" per rodare i meccanismi in vista di ulteriori ampliamenti e arricchimenti dell'offerta.
 LA BIENNALE DI POESIA DI ALESSANDRIA
 
 
 

lunedì 28 marzo 2022

Home - Sentiero dei Sogni

Home - Sentiero dei Sogni

Poesie dal fronte di Alexander Korotko Traduzione ed editing a cura di Elena Murinova e Stefano Donno

* * *

Una Vyshyvankanel è intrisa di sangue
e il sole muore nell'oscurità.
Dalla notte riceviamo solo ferite

mentre i carri armati
marciano
sulla Terra incolonnati.

E i bambini non
ridono più ,
si lamenta il campo
geme di dolore il vento,
e l'aria è trafitta
dalle bombe
.
Dovremo convivere
con questo dolore in
mezzo alla nostra
verità  e alle tue bugie.

 

* * *

Sorgenti delicate femminee,
sull'anima della Patria del
mio paese scorrono infinite

giaceva esanime non solo l' ombra della guerra,
ma anche la morte ad occhi aperti.


Non chiedete agli invasori
cosa vi accadrà quando i vostri
sogni
esploderanno
a causa delle bombe cadute
sulle nostre città e villaggi
.

 

* * *

Che lungo inverno!
Oh, ti prego non
impazzire.
I suoni della sirena -
i richiami dello shofar hanno
salvato gli umili
nei momenti di incubo.
E una neve di cera
cade cade e ricade
dalla patria del paradiso
sino alle profondità dell'inferno.

 

* * *

Quanto sono diverse

 le sorti –

noi abbiamo la guerra,

e il tempo

si tinge

di colore rosso,

da voi in Europa

(c’è) la pace,

e il tempo

in preda alla paura

sventola su di voi

 la bandiera bianca,

e di cuori di pietra

purtroppo

ne avete uno per tutti.

 

 

* * *

 

Non è il vostro sole

è il nostro Sole

a portare oggi il lutto.

I nostri Morti

sono diventati nostri

Angeli Custodi.

 

* * *

 

Gli occhi carbonizzati per le lacrime

dei nostri bambini e madri.

Io sento, come geme

per le ferite la mia Terra.

E dormono nell’abbraccio della notte

le sorelle del tempo –

la morte non invitata

e la vita tremolante

 

* * *

 

Abbiamo ingoiato l' esca
dell'insonnia
come meglio potevamo,
non abbiamo avuto il tempo di
voltarci indietro, perché l'ululato di una
sirena
aveva già fatto partire il suo
organetto.
il tempo è a brandelli,
chi crederà,
la vita sarà divisa
in un Prima e un Dopo,
e le vene
dell'orizzonte si gonfiano, e si spalancano le
porte della morte .


* * *
La notte al mattino,
l'anima delle persone è
più pesante delle nuvole.
GUERRA.
Zitto, per l'amor di Dio,
silenzio, le
carrozzine dei
bambini assassinati stanno dormendo .


MARIUPOL
La luna pallida mortale si bloccò sulla città in una posa piegata, leggendo una preghiera commemorativa. La città è sul ring, ma le città NON lo sono. Solo gemiti sotto le macerie del TEATRO. Chiedi dove è più difficile dormire, nei seminterrati, o su piumoni di nubi lanuginose.

 

* * *

Soldato russo , cosa hai dimenticato nella mia Terra e senza di te c'è già
abbastanza dolore
.

[Alexander Korotko is a regular contributor to the Ukrainian journal of foreign literature, Vsesvit, and was recently awarded the International Milanese Literary Prize for his book, Moon Boy, in English translation by Michael Pursglove.]

 


 

domenica 27 marzo 2022

Macarìa - Indie Bookshop e Bottega Culturale - Home | Facebook

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La cultura dei tao e la memoria contadina in Antonio L. Verri di Oronzina Greco

La scritto “ La cultura dei tao”, del 1986, composto per il catalogo pubblicato in occasione della mostra La cultura contadina” curata dal distretto 42 di Maglie, mi spinge ad interrogarmi su quanto Antonio L. Verri abbia preso e interiorizzato dalla cultura contadina nella quale era nato e cresciuto (a Caprarica in provincia di Lecce).

 C’è, in questo testo (dalla scrittura piana e di agevole lettura) , la nostra gentecon le sue aspettative e le sue malinconie,la madre con i suoi ammalianti racconti e i luoghi con le loro misteriose bellezze, popolatida esseri fascinosi e dispettosi. La gente di qui viene definita da Verri “ stupenda” e presenta “l’umore di questa terra, ad essa confida i suoi mali, le sue gioie, i suoi dubbi, le sue ondulate tristezze”. I luoghi sono “paesi che sembrano piantati tra gli ulivi, paesi dai pozzi profondi, dalle infinite cisterne per grano, per olio, per tutto…”.
Cito solo questi, ma diversi sono i passi che parlano di gente e luoghi e la sensazione che ne ricavo, leggendo ciò, è che Antonio abbia colto il senso profondo della terra che influenza e plasma il pensiero degli uomini e soprattutto il pensiero di chi sa raccogliere, custodire e far rivivere echi e segreti che essa racchiude.
Dalle narrazioni di questa gente, egli coglie lo spirito autentico e profondo, il valore immenso e immutabile, il respiro della terra e lo fa diventare mitico.
La vita del piccolo paese contadino di Caprarica di Lecce, archetipo della vita di tutti i paesini, specialmente del Sud, in un certo senso lo ispira. Egli osserva e descrive tutto: gli ulivi, i rigidi inverni, il pane fatto in casa per distribuirlo il giorno di Sant’Antonio, la doppia cotta di pane per i matrimoni, la fiera di San Marco, le squadre per la monda… Da tutto questo prende l’avvio e, su questo, Antonio Verri costruisce, costruisce il nuovo.
Dalla letteratura di questa gente egli prende “pane” e nutrimento per la mente, per farlo crescere e vivere in altri posti e contesti, per creare stupore e organizzare eventi che aggregano e fanno discutere. “Carismatico tessitore di nuove trame di fili rosso Salento” dice di lui Raffaele Nigro in un articolo su “La Gazzetta del Mezzogiorno”.

Osserva e ascolta! Ascolta i racconti, le storie di questa cultura contadina, la quale comunica con la forza, l’efficacia, il colore e il calore dell’oralità senza la mediazione della scrittura.

Scrive Verri: “Durano conti…Parole rugose, cantilenanti, sogni, costruzioni le più audaci (da far impallidire scrittori di professione)… Ecco, durano i conti… e ci sarà sempre un povero favolista a narrarvi di un cuecolo di neve che molto tempo fa dei ragazzi festosi, goliardi, furenti, cominciarono ad appallottolare nella piazza bianca” .
Nelle affabulazioni e con le affabulazioni, in questa cultura, passa anche la vita vera perché, oltre la durezza del lavoro, il sudore della fronte e il sacrificio, c’è sempre la ricerca di un “altrove”, c’è sempre, in questo universo, la tensione di una ricerca, pur nell’apparente immobilismo, fosse anche solo per mitigare un’esistenza grama e difficile, per rendere più accettabile la fatica del vivere quotidiano.
Cogliere, respirare, vivere, interiorizzare le storie di questo mondo contadino attraverso la madre perché “è lei la depositaria, è lei la rappresentante di questo mondo” è stato naturale, per Verri, nel tempo della sua infanzia e adolescenza così come è stato naturale far tesoro di tutte le storie che “sono cariche di quella lusione, …storie intorno al tavolo, col fuoco, …” e recuperarle, trasfigurandole, e inserirle, mitizzate e trasformate, metaforiche e nascoste, negli scritti successivi.
Osserva, ascolta, trasforma. Crea sogno e immaginazione.
“Parlava, la mar, di freddo, di neve, mi raccontava la storia dei tre giorni della merla…io ci legavo il pane, la meraviglia della pasta che cresceva”.
La cultura della madre che è la cultura del mondo contadino di questo nostro Salento dell’altro ieri, conserva e tramanda, accanto ad elementi di vita materiale, anche elementi  favolistici come i tao, spiritelli che vivono a mezz’aria, buoni e dispettosi che incutono leggeri timori ma anche rispettose riverenze, elementi di cui ci si fida e che sono dappertutto: sui comignoli delle case, vicino al fuoco, sui campanili dei paesi. I tao, accompagnano anche le storie dei “narratori di cunti”, le quali mitigano il dolore, i dolori della gente comune,  facendola volare con la fantasia  verso una vita diversa, meno dura e faticosa, anche solo semplicemente sognata.
In tutto ciò Verri è stato “impastato” sin dall’infanzia; l’ascolto di narrazioni semplici e complesse insieme, favolistiche, fantastiche hanno senza dubbio aiutato a costruire, costituire il “sé narrabile dello scrittore-poeta di Caprarica di Lecce se è vero quello che scrive Adriana Cavarero che “ ogni essere umano, senza neanche volerlo sapere, sa di essere un sé narrabile immerso nell’autonarrazione spontanea della sua memoria…”
La ricchezza, l’originalità, l’inventiva, l’estro dello scrivere di Antonio Verri passano anche per questa via. (La cultura dei Tao in una fotografia di Santa Scioscio)
 
 

 

sabato 26 marzo 2022

INTRO | puntoacapo

INTRO | puntoacapo

Enpi 2004-2020 di Francesco Aprile (Oèdipus)

In copertina: “lacerto” di Egidio Marullo

 

Il libro raccoglie un percorso iniziato nel 2004 caratterizzato da politicità dei testi, mutevolezza, vuoti di senso, “tensione all’asemantico”, fughe, proliferazioni di informazioni, elementi informatici quali, a tratti, seppur in minima parte, code poems, frammenti di codici, requisiti di “prodotto” trascritti nel linguaggio Gherkin tipico dei processi di quality assurance nello sviluppo software, poesie lineari, concrete, frammenti di prose.

Il titolo: Enpi (燕飛 - anche conosciuto come Empi) è uno dei kata di stile del Karate Shotokan, una delle forme avanzate (Sentei), e viene tradotto, letteralmente, come “rondine che vola”. La forma originaria del kata viene attribuita all’ufficiale cinese Wang Ji, inviato a Tomari (Okinawa) intorno al 1685. La stilizzazione praticata nello Shotokan è derivata dalla rielaborazione del maestro Itosu, introdotta in Giappone dal maestro Funakoshi: a lui si deve, inoltre, il nome “Enpi”. Come il volo della rondine, caratterizzato da improvvisi e ripetuti cambi di direzione, il kata ha a che fare con i pieni e i vuoti, con la gestione creativa degli spazi, con l’irruenza e la morbidezza, con la discontinuità di un discorso che si dà come mutevolezza.

Tutto questo non ha a che fare con il libro (o forse sì).

 

Francesco Aprile (1985, Caprarica di Lecce) è giornalista, poeta visivo, saggista, autore di code poems (2010), asemic cinema (dal 2016), poesie visive, scritture sbagliate, glitch, asemic writing, asemic-glitch writing, abbecedari asemantici. Nel 2010 ha aderito al movimento letterario New Page-Narrativa in store, fondato nel 2009 da Francesco Saverio Dòdaro, assumendone la direzione nel 2013. Nell’aprile 2011 ha fondato il gruppo di protesta artistica Contrabbando Poetico e nel 2014, con Cristiano Caggiula, la rivista di analisi liminale Utsanga.it; nel marzo 2021 ha lanciato – con Caggiula, Astolfi, Garrapa, Perozzi – il manifesto del “Liminalismo”.

 


 

venerdì 25 marzo 2022

Per Antonio Verri, creatura a mezz’aria. E per chi ancora ne vede delle belle di Ilaria Seclì

È dolcissima la vita fuori dai centri di potere. Bianca di neve, tua neve, petalo di camomilla, marzapane, fiori di cotone. Neve di “mar”. Sue mani nell’impasto, bianchissimo letto per giorni sempre nuovi, giorni di madre e notti perfette, è sempre la prima. Inamidata. Decoro garbo cura. Dignità.

Ora, sai, è tutto stropicciato, sgualcito, precario ci fanno dire. Siamo a mezz'aria ma non siamo tao. Siamo in mezzo a un'aria beige, caffellatte, macchiata, lattesporco. Ma altrove è più scuro, ne sono certa. Le leggi della vita si sono incarognite. Ci siamo incarogniti.

[sempre in questi giorni cado dico parole strane di ferro rosso arrugginito me le mette in bocca il mondo: sequestro di stato, incostituzionale, ingiusto, restare. cado da anni, questo è il mese, i bambini non c'entrano, nemmeno la magia i prati i fiori il cortile gli alberi no, non c'entrano. nei corridoi asfittici obitoriali delle attese sindacali delle risposte tirchie avare mortifere sempre uguali. punti-ricongiungimenti-sostegni-figli e l'aria ferisce e non sfama che fame. se questo è un uomo di certo è suo nemico]

Ma torniamo al racconto, nostra sede. Torniamo a noi. Sappi però che Santa Maria del paradiso è sempre lì. Lo suo figliolo priso, continua. Sempre aperta porta, la lampada a guardia, accesa. Siamo in tanti.
Ieri zompettavi divertito, dal palco sui leggii, dalla loggia ai lampadari. Ridevi, inanellavi capriole e voli come trapezista e angelo sul cielo di Berlino. Ma era cielo di Novoli. Ed eri così felice. Ti hanno fatto un baffo le geografie, anche quelle estreme, alfa e omega. Le hai in pugno, il mondo è una biglia. Lo ripetevi mentre dondolavi a boccaperta sul lampadario. Il mondo è una biglia! È un’unica pista ciclabile, essere ovunque, qui. Essere qui, ovunque. Il mondo è un fiocco di neve! Sfera lucente! Provate provate, fate fogli di poesia, poeti, chiudete gli occhi, lucidate pupille bambine, ginocchia sbucciate, alberi da salire, universi da interrogare. Intrecciare, filare, aprire, dare. È uno solo il lampadario che fa luce. Stringiamoci come bimbi in attesa di Natale o estate. O morti che aspettano ancora un piatto, quello preferito. Ciciri e tria cu lli frizzuli per il nonno a San Giuseppe. Ancora, ancora.
Ti ho visto, sai?, mentre tiravi il naso a Mauro, i capelli a Piero. Aveva appena cominciato a parlare Imbriani e gli hai dato una carezza. Ti sei spostato poi sulle nuvole elastiche di SimonFranco e SimonMago, la barba dell'uno, i riccioli dell'altro. Ma come fai? Come hai fatto, sempre? Sulle corde celesti di Valerio i paradisi che conosci bene. Senza gravità. Mai. Leggerezza di bimbo fino alla parentesi chiusa. Chissà dove l'hai riaperta. E chissà se un giorno anche noi potremo sospenderci come pulviscoli, tao che vivono per vivere, beati e operosi solo nell'incanto di scritture e voci, incontri e sogni. Tra cose e creature sacre senza profitto, ansie, numeri e scadenze. Giglio. Giglio purissimo. Quei tabernacoli innocenti che sono i giorni dell'uomo senza cinture di sicurezza, prevenzioni, frizioni, tangenti o pizzi allo Stato. Senza maiuscole. Antonio mio, t'immagini come sarebbe bello? Senza titoli, definizioni, etichette. Vivere per vivere! Non queste palafitte in affitto, esistenze minori, belati soffocati al posto di ruggiti, accenni e balbettii per danze sfrenate, ebbre. Elemosina. Elemosina. Tu, tu, odore caldo di pane, rosmarino nella macchia verso l’Adriatico, fiero vento del sud teso, teso ai cuori in spazi bianchi di terrazzi e lenzuola nivee, siderali, mani e occhi spalancati. Cuore sacro. Vento che avvolge ogni cosa, nostra umana specie misera e divina. Te la ricordi così, così l'hai vissuta, voluta, vestendo da re attrezzo e detto, pietra e gioco, contadino, povertà.
Liturgia dell'incontro e del fare. Quanto conta il saper fare!
Monello sì, fatto purissimo tao, nuvola, zucchero filato, soffio di tarassaco, gazza. Sì, gazza. Tra qui e lì. Tra questa terra e milioni di altre, in volo, in fuga, in corsa.
Zoretti all'uscita, mentre parlavamo d'altro, di arpie e alberi d'argento, di viaggi e corse al termine della notte, è piombato nel discorso col braccio alzato -in preda a furori decentrati, a estasi- “ho girato tutto il teatro, tutto!” dice vorticando il braccio alzato e lento. “Ci sono le poltrone del re! e dietro, una stanza con divani rossissimi!”. Rosse e grandi sedie dei re, le loro altezze non raggiungono quelle dei nostri scalini, pazzuli. Le altezze vertiginose non hanno metri adeguati a contarle.
Ma veniamo a noi, quindi al racconto, nostra sede. Ecco sì, sei d'accordo, lo so: non siamo solo parte di un racconto? Episodi, puntate, tracce, infiorescenze, gemme rinate a ogni primavera? come pietre sempre nuove per i pomeriggi a patuddhri! Me lo raccontano mamma e papà. Solo questo solo questo, non altro conta. Altro che accanimenti, vite dilatate come fossimo prolunghe, animali in pasto a carceri squallide o finemente arredate. Tu eri della strada, dell'acqua del fuoco, delle cose incontenute. Fino all'ultimo.
Com'eri allegro, saltellante ti sbracciavi sulle rose di Massimo, l'altra sera. Gialle. Le rose promesse, lasciate sulla scrivania del Fondo (Verri!) per la tua amica Ada. Santa Maria del Paradiso. È un mondo assurdo Antonio, ma ne succedono delle belle qui. Ancora. Ancora.
 
 

 

Cosa fa il collettivo/connettivo Fate Fogli di Poesia, Poeti!

Il Fondo Verri di Lecce, I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, La Casa della Poesia di Como, costituiscono il collettivo/ connettivo per la ricerca, promozione e diffusione della poesia nazionale e internazionale FATE FOGLI DI POESIA, POETI! In azione ideale con il manifesto di Antonio Leonardo Verri Il connettivo per la ricerca, promozione e diffusione della poesia nazionale e internazionale FATE FOGLI DI POESIA, POETI! è aperto all'inclusione su espresso desiderio e comunicazione dei richiedenti, di fondazioni, associazioni, aziende, enti pubblici e privati, attori sociali di ogni ordine e grado)

I componenti del Connettivo Fate Fogli di Poesia, Poeti!

Casa della Poesia di Como, Fondo Verri di Lecce, I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, Comune di Caprarica di Lecce, Associazione Sentiero dei Sogni, Compagnia Teatrale Scena Muta di Ivan Raganato, Associazione Culturale Macarìa, Gisella Blanco, ScriverePoesia Edizioni, Samuele Editore, Caffè Letterario - Lecce, puntoacapo Editrice, Ottavio Rossani, la rivista Utsanga diretta da Francesco Aprile e Cristiano Caggiula, Donato Di Poce, La Biennale di Poesia di Alessandria, NavigliPoetrySlam di Annelisa Addolorato, Vittorino Curci, Francesco Pasca, Marcello Buttazzo, Giuseppe Zilli, Alessio Arena, Alessandra Paradisi

Naiver di Stefano Lorefice (La Gru)

  Un libro di passaggi in prosa poetica e versi. Un “racconto” che si svela con geometrie interne a ogni sezione; collegamenti, richiami. Lu...