La nuova raccolta di versi di uno dei più grandi poeti italiani contemporanei.
«La poesia di Damiani è una poesia grandissima perché va al cuore del problema, là dove la vita e la morte si guardano negli occhi e si riconoscono come parti del tutto.» – Marco Lodoli
Damiani
continua il suo viaggio di esplorazione dei cieli sorvolando una guerra
cosmica quotidiana di cui sono ignote le vere cause. Parte da un chiodo
fisso che aveva da bambino, all’età di quattro-cinque anni: si chiedeva
dove fosse potuto stare prima di nascere, sospeso nel cielo, dove
avesse potuto poggiare i piedi: «mi sembrava incredibile non essere
esistito prima / e mi sembrava incredibile pure di essere esistito». Il
viaggio lo porta alla sua infanzia e alla nascita, a prima di nascere e
anche a dopo la vita, come se questa fosse il tratto visibile di una
linea invisibile, o meglio di una catena, o di una rete di catene e
anelli tutti collegati. E come un suono copre un altro suono, questa
rete meravigliosa quasi copre la nostra angoscia, la nostra ignoranza
come di bestie condotte al macello, o forse a un rito sacrificale.
Nel libro ritorna sempre l’abisso in cui il bambino si sentiva sospeso
prima di nascere, simile a quello in cui è sospeso l’uomo contemporaneo,
che, nell’immagine di Emanuele Severino, è come un trapezista che ha
appena lasciato un trapezio e non ha ancora afferrato l’altro, e si
ritrova sospeso senza appigli sul vuoto.
Se il primo trapezio a
cui eravamo attaccati erano le verità religiose e metafisiche, comprese
fedi e speranze ideologiche più o meno recenti, che cosa sarà l’altro
trapezio che si sta muovendo nel buio verso di noi, di cui ci sembra di
sentire il sibilo impercettibile? Magari una frase scritta dentro la
natura, che ci aspetta tranquilla, nella nostra ricerca concitata, a cui
siamo forse vicini, e che non è una formula scientifica, ma una parola
che ci accoglie e ci acquieta, togliendoci dall’insostenibile ignoranza
in cui siamo. Intanto ci confortano gli alberi, gli animali, le montagne
e le ombre dei nostri cari, a cui stiamo vicini e da cui non vogliamo
allontanarci, mentre la tecnica corre a perdifiato, evoluzione naturale
anch’essa, e bisognosa di avere accanto, ancora e per sempre, l’arte.
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