Autoritratto automatico, libro
ricco quanto imprevedibile, acceso da innumerevoli elementi magnetici
per il lettore, allestisce una sorta di autobiografia poetica che è al
contempo una riflessione sull'identità e sul carattere mutevole ed
effimero dell'essere umano.
Camminando per la città ci si può ancora
imbattere nelle cabine per fototessera. Sono ormai oggetti desueti,
relegati in qualche angolo di stazione ferroviaria, o poco più. Si
tratta però, a ben vedere, di oggetti peculiari di grande suggestione,
fuori dal tempo, quasi «magici», dove si può entrare e isolarsi per un
attimo chiudendo la tendina. E lì fotografarsi, avere un'immagine
puntuale di sé stessi in un preciso istante. Affascinato dall'intreccio
fra elemento soggettivo e dimensione impersonale dell'autoscatto
automatico, Umberto Fiori, poeta tra i più riconoscibili e autorevoli
della nostra letteratura, ne ha subito intuito il potenziale artistico e
a partire dal 1968, per oltre cinquant'anni, ha scattato e raccolto i
propri autoritratti in quella che oggi è una vera e propria collezione,
stravagante quanto densa di implicazioni per una riflessione anche
filosofica sui temi della conoscenza individuale. Le poesie raccolte in
questo volume, tutte inedite, sono dedicate a quella che l'autore
definisce una «curiosità privata», un «esercizio narcisistico» che
tuttavia si configura prima di tutto e con originalissima energia
espressiva come ricerca del proprio volto più autentico e come
esplorazione abrasiva del sé che dice e racconta, senza concessioni e
senza indulgenze. "Autoritratto automatico", libro ricco quanto
imprevedibile, acceso da innumerevoli elementi magnetici per il lettore,
allestisce una sorta di autobiografia poetica che è al contempo una
riflessione sull'identità e sul carattere mutevole ed effimero
dell'essere umano.
Nessun commento:
Posta un commento